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Consumo di suolo e rigenerazione urbana

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6 novembre 2013 – ore 14:00 -16:30  Sala AGORA’ Città Sostenibile pad. B7-D7
[legambiente.it/]  – [programma convegno]

ECOMONDO – RIMINI FIERA

Consumo di suolo e rigenerazione urbana
14:30  Saluti di apertura:
Andrea ORLANDOMinistro dell´Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare
Ferruccio FAVARONPresidente Dipartimento Politiche Urbane e Territoriali del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC

Posiziona e conduce il dibattito:
Paolo PILERI . DASTU Politecnico di Milano | CRCS
15:00  Interventi:
Bernardino ROMANO . UNIVERSITÀ DELL´AQUILA
Misurare e limitare il consumo di suolo
Federico OLIVA – INU | CRCS
Limitazione del consumo di suolo e rigenerazione urbana
Marina DRAGOTTO . AUDIS
Criticità e prospettive per la rigenerazione urbana in tempo di crisi
Paolo TESTA  . CITTALIA – Fondazione Anci Ricerche
Rigenerazione Urbana e consumo di suolo: il futuro dei Comuni
Damiano DI SIMINE – LEGAMBIENTE Lombardia
La revisione del quadro giuridico nazionale. Riflessioni sulle proposte di legge in corso
Antonio MINETTI . REGIONE MARCHE
Consumo di suolo e rigenerazione urbana nelle Marche
17:00  Chiusura lavori

organizzazione: Edicom – Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, Legambiente, INU

Un motivo in più per fare un salto ad ecomondo a Rimini…

Stop al consumo di suolo e rigenerazione urbana: due facce della stessa medaglia


 A vedere il grande attivismo che oggi investe il tema del consumo di suolo potremmo ritenerci soddisfatti: quando iniziammo a porre la questione, nell’ormai lontano 2006, ci muovevamo in perfetta solitudine, tra il disinteresse di una politica legata al cemento facile in piena euforia immobiliare e lo sfottò di molte scuole urbanistiche, che non volevano cogliere un cambiamento di approccio tanto profondo qual era quello di guardare ai processi più deteriori della crescita urbana da un punto di vista ecologico, occupandosi del bene comune suolo come assoluta priorità, dopo decenni di infruttuosi tentativi di riforma urbanistica. Ma ben presto il messaggio fu compreso, in primo luogo dall’INU, con cui fu costituito il primo e tutt’ora unico centro di ricerca sui consumi di suolo, e poi da segmenti sempre più vasti dell’opinione pubblica e della rappresentanza.
Poco virtuosamente, la crisi economica è stata d’aiuto, togliendo il sorriso a molti immobiliaristi e portando in primo piano la vulnerabilità del settore delle costruzioni, dove un mercato vorace aveva coperto l’impellenza di una ristrutturazione profonda, alla luce dell’evoluzione del concetto stesso di manufatto edilizio: il mercato non chiede più alluvioni di metri cubi, ma edifici dotati di prestazioni certificabili, inseriti in contesti urbani dotati di senso.
Il messaggio ha ora raggiunto la sede istituzionale, almeno se si giudica dai tanti, anche troppi disegni di legge che con maggiori o minori meriti (o demeriti) si occupano della materia, e conseguentemente la polemica politica. Una polemica che ora si appassiona a discussioni che, in molti casi, cercano di riportare in vita il paradigma di un’urbanistica totalizzante e centralistica, in altri, specie dai segmenti più illuminati e ‘benaltristi’, tenta di riportarsi su un terreno più consuetudinario, negando la necessità di attribuire al suolo in sè uno status giuridico per incasellarlo nelle tradizionali categorie urbanistiche, e in altri ancora pratica il riduzionismo agricolo, come se l’unico suolo da tutelare fosse quello coltivato (in effetti, il più aggredito da decenni di disordinata avanzata urbana)
Il dibattito è dunque finalmente affollato, e si è già distinto per le fughe all’indietro intraprese da molti intellettuali e urbanisti di fronte a quell’horror vacui che il nudo suolo evoca in chi è abituato a pensare in termini di zoning. La sfida è duplice: da un lato, tener ferma la barra del riconoscimento giuridico che strutturi il chiaro concetto di bene comune e che segni l’avvio di una disciplina del suolo, su cui in Europa lamentiamo un pauroso ritardo (basti pensare all’abisso che separa il suolo dagli altri grandi oggetti del diritto ambientale, come l’acqua o l’aria); dall’altro preoccuparsi di come lo ‘stop al consumo di suolo’ non diventi pura retorica oziosa, destinata a infrangersi sugli scogli congiunturali della sperata ripresa economica. Occorre prevenire sul nascere un conflitto ambiente-lavoro che sarebbe deleterio per l’ambiente, perchè sull’altro piatto della bilancia ci sono tre milioni di famiglie il cui reddito dipende dall’attività del settore delle costruzioni. Quel conflitto non è necessario, perchè nelle nostre città e nei molti spazi occupati da insediamenti c’è tantissimo da fare per recuperare e ricostruire, abbastanza non solo per mantenere in vita, ma anche per restituire prosperità all’attività edilizia. Non si parte dalla campagna per fermare il consumo di suolo, ma dal cuore delle nostre città, ove occorre rimuovere gli ostacoli inutili e i disincentivi che fino ad oggi hanno impedito il decollo della rigenerazione urbana. Come nel vecchio adagio marxista, è la città che, ritrovando se stessa, salva il territorio. Ma non è una sfida semplice.
Damiano Di Simine
presidente@legambiente.org
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